di Ettore A. Sannipoli

Mariotto (o Mariozzo o Marione) di Amico di Sabatino di Giovanni Floris è un ceramista eugubino documentato in patria, allo stato attuale delle conoscenze, tra il 1522 e il 1530. Nel 1523, già orfano di padre, viene messo a bottega per un anno presso Mastro Giorgio Andreoli dallo zio Filippo di Sabatino, pure lui figulo. È stato identificato da chi scrive, assieme a Fabrizio Cece, con il “Mariotto da Gubbio” che firma alcuni vasi farmaceutici realizzati nel 1541 e nel 1547, quando probabilmente il maestro non risiedeva più nella città natale.

Si tratta di diversi albarelli del 1541 con decori a trofei entro ghirlanda, appartenenti allo stesso corredo apotecario, conservati nei musei di Cambridge, Faenza, L’Aia, Londra (VAM), Sèvres, oltre che in alcune collezioni private (Fig. 1); e di un orciuolo del 1547 col medesimo decoro, anch’esso riconducibile al corredo anzidetto (forse una sostituzione o un’aggiunta supplementare), facente parte di una collezione marchigiana (Fig. 2).

Sia gli albarelli che l’orciuolo recano una marca di proprietà riferibile alla spezieria per la quale i vasi erano stati eseguiti. Nel caso degli albarelli, la marca è posta entro uno scudo ovale e consiste nelle lettere S e T intrecciate, sormontate da una croce patriarcale; nel caso dell’orciuolo, la marca è posta entro uno scudo sagomato e presenta le lettere S e T affiancate, similmente sormontate da una croce patriarcale.

Tale marca di proprietà è stata attribuita dalla maggior parte degli studiosi a una farmacia dell’Ordine dei Celestini, forse quella dell’Abbazia di Santo Spirito di Morrone, presso Sulmona. Alberto Piccini (2010), il quale ha giustamente rilevato nella marca in esame la presenza delle due lettere S e T (prima di lui veniva letta solo la S), ha per contro pensato al contrassegno commerciale dei ceramisti Cimiano e Tranquillo Stellifero di Acquapendente, presso la cui bottega – a suo parere – sarebbero stati dipinti e cotti i vasi in oggetto.

Dovrebbe trattarsi invece del contrassegno della spezieria folignate di “Stefano de Bene”, la cui marca, del tutto simile a quella dipinta nell’orciuolo del 1547, risulta infatti riprodotta, assieme ad altre marche di farmacie locali del XVI secolo, nella seconda carta dello Statuto degli Speziali di Foligno (1504), per iniziativa del Camerlengo “Gio. Berardino Silvestro” (1565) (Fig. 3).

Da recenti ricerche archivistiche è emerso che Mariotto di Amico risiede a Foligno perlomeno a partire dal 1547. Nel 1559 egli costituisce una società ceramica con Angelo di Ansovino della Rocchetta di Camerino; tre anni dopo, sempre a Foligno, il figlio di Mariotto, Guido, fonda un’altra società “in arte vasariorum” con il fiorentino Raffaele di Giacomo.

Potrebbe darsi che Mariotto di Amico abbia ricevuto la commissione del corredo per la spezieria di “Stefano de Bene” prima del suo trasferimento a Foligno, ma è anche possibile che il soggiorno folignate del maestro eugubino sia iniziato qualche anno prima di quanto indicano i documenti finora rinvenuti e quindi che i vasi in oggetto siano stati realizzati proprio nella città che sarebbe diventata la seconda patria del nostro ceramista.

(A questa breve segnalazione preliminare seguirà un più approfondito articolo sull’argomento in questione).

   FIG 1                       FIG 2

    FIG 3