Nell’ultimo numero de L’Eugubino, fresco di stampa, ho pubblicato un articolo sul gonfalone bifacciale attribuito a Benedetto Nucci di recente acquistato in un’asta Wannenes (Genova) dall’Antichità A.M. Marcelli di Luigi Minelli (Gubbio). Ne riporto di seguito alcuni brani: “Risulta significativo il fatto che su una faccia dello stendardo sia raffigurata la Comunione degli Apostoli e che al centro dell’altra siano presenti, invece, il calice e la patena per la celebrazione dell’Eucarestia, posti su di un altare al di sotto dell’immagine celeste di Cristo e tra le figure di San Giuda Taddeo e di San Simone, di due antichi sacerdoti ebraici e delle personificazioni delle tre Virtù Teologali, Fede, Speranza e Carità (con la Fede, riconoscibile grazie al calice che tiene in mano, in evidenza rispetto alle altre due). Dei sacerdoti ebraici, quello a sinistra regge un vassoio con due pani e una brocca: come mi suggerisce Maria Rita Silvestrelli, dovrebbe trattarsi di Melchisedek, sacerdote del Dio altissimo, che offrì pane e vino ad Abramo dopo la vittoria su Chedorlaomer e i re che erano con lui. (…) Più difficile, per il momento, l’identificazione del sacerdote a destra che indica il calice e la patena, anche se nell’Antico Testamento non mancano altri personaggi atti a prefigurare l’Eucarestia (…)”. “Indizi iconografici di tal fatta lascerebbero intendere che l’opera sia stata probabilmente commissionata da una confraternita del Corpus Domini (o, in alternativa, del Santissimo Sacramento). Come ben noto anche a Gubbio esisteva la confraternita del Corpus Domini, detta dei Rossi, della quale − tra l’altro − il Nucci faceva parte. E proprio dai Rossi, il 13 dicembre del 1574, Benedetto veniva incaricato di eseguire il nuovo palio della confraternita: (…) Che si faccia un palio conme questo del Tabernacolo nel quale vi si ponga da una banda un cenacolo di Xpo e dal laltra Una Resurretione (…)”. “Dall’esame di questo documento non si può evincere con sicurezza che lo stendardo messo all’incanto da Wannenes sia proprio quello eugubino dei Rossi ma non si può escludere, per il momento, neppure l’eventualità contraria”. “(…) È anche vero che la presenza nell’opera che ci interessa di figure come quelle di San Giuda Taddeo e di San Simone potrebbe trovare un’adeguata spiegazione tenendo conto del titolo di un edificio di culto o di una confraternita che, in prima analisi, sembrerebbe aver riscontro a Gubbio solo in una misteriosa chiesa citata en passant da Piero Luigi Menichetti (…)”. Solo dopo aver scritto queste cose mi è tornato alla mente un documento archivistico molto interessante, pubblicato da me e da Fabrizio Cece nel 1995, relativo all’altar maggiore della chiesa di Santa Croce del Corpus Domini (la sede della confraternita dei Rossi), ubicata lungo l’attuale via XX Settembre e inglobata, alla fine del Settecento, nell’imponente fabbrica del Rifugio Pio. Da un inventario tardo−settecentesco della Collegiata di Santa Cristina, eretta per volontà di Giovanni Battista Cristini nella suddetta chiesa del Corpus Domini, apprendiamo che l’altare maggiore dell’edificio sacro “è tutto di stucchi, e bassi rilievi messi a oro, ed occupante tutto il prospetto della chiesa interiore con quattro nicchi, e nelli due posti nell’ordine superiore le statue di Santa Cristina e Santa Rosa di Lima, e negli altri due dell’ordine inferiore quelle dei Santi Simone, Giuda Apostoli”. Dunque il culto di San Simone e di San Giuda Taddeo, i due apostoli che compaiono su una delle facce del gonfalone, risulta documentato nella chiesa eugubina del Corpus Domini, per motivi ancora da indagare (in via d’ipotesi non si può escludere del tutto che la chiesa abbia in qualche modo assunto il titolo di un precedente edificio sacro). Ciò che per ora sappiamo da altre fonti è solo che il 7 gennaio 1511 fu stipulato un accordo tra i Rossi e due frati dell’Ordine degli Apostoli che tra l’altro si impegnarono a celebrare nella chiesa una serie di funzioni in occasione di determinate feste tra cui quella degli apostoli Simone e Giuda e quella del Corpus Domini. A questo punto diventa molto probabile che lo stendardo del Nucci provenga dalla chiesa della confraternita dei Rossi e che sia proprio quello commissionato a Benedetto nel 1574. Se così davvero fosse, allora dovremmo supporre che la figura celeste di Cristo dipinta su uno dei due lati dell’opera rimandi alla Resurrezione e non alla Trasfigurazione come invece troviamo scritto nella scheda Wannenes. A meno che non siano intercorsi cambiamenti del piano iconografico rispetto a quanto formalizzato nel documento del 13 dicembre 1574. Ettore A. Sannipoli