[riceviamo e pubblichiamo].
Come tante altre istituzioni cittadine, la Società Operaia di Mutuo Soccorso di Gubbio ha cercato di mitigare il dolore di tutti gli eugubini, attoniti e smarriti per la sospensione della Festa dei Ceri del prossimo 15 maggio imposta dalla necessità di contrastare i rischi legati alla pandemia da Covid 19. Lo ha fatto non solo decidendo di esporre alle finestre della sua storica sede gli ormai familiari stendardi delle corporazioni e mestieri eugubini. Dal 14 al 17 maggio 2020, infatti, la facciata di Palazzo Benveduti in via Gabrielli 24 ospiterà la proiezione di un’immagine ormai storica.
Si tratta di una delle cartoline dedicate alla Festa dei Ceri dai perugini Fratelli Tilli per la fortunata serie L’Umbria Illustrata, comprendente come noto altre immagini delle bellezze storico−artistiche di Gubbio. Databile al primo decennio del secolo scorso, l’immagine mostra i Ceri fermi in via Savelli, poggiati sui basamenti così come oggi li conosciamo, mentre due ali di folla in posa come fuori dal tempo paiono sorvegliarli e custodirli prima della indubitabile ripresa della loro corsa secolare.
Un modo per sottolineare ciò che sanno gli storici e che in fondo tutti sentono, e cioè che la tradizione dei Ceri ha basi così solide da avvantaggiarsi persino di una battuta di arresto imprevista e amara per dare un ulteriore senso alla continuità che la contraddistingue. Ma anche un modo per dare un seguito alla lunga vicenda della Società Operaia di Gubbio in un periodo storico in cui la solidarietà e il mutuo soccorso su cui essa si fonda sin dall’origine sono tornati in cima alla scala dei nostri valori.
Perché − come ci dice Fabrizio Cece nell’opuscolo I basamenti dei Ceri uscito a cura di Luciano Casagrande nel 2015 − quei ceppi su cui poggiano i Ceri sono il frutto del lavoro di Gaetano Agostinelli, un uomo deciso ad affidare al suo ingegno operoso la possibilità di reagire ad una condizione di crisi facendo appello a ciò che la sua comunità di appartenenza aveva di più antico e venerabile. Un “artigiano di condizione falegname” che, trovatosi “da qualche tempo privo di lavoro e aggravato da numerosa famiglia anziché oziare, divisò costruire a tutte sue spese dodici artistici basamenti sui quali poter posare i tre Ceri, allorché questi sogliono far sosta nella via Savelli Della Porta, e ciò fece anche per evitare di vedere i tradizionali trofei, collocati per terra su dei sassi, lasciando così maggiore comodo ad atti più o meno vandalici da parte della gente che numerosa accorre ad osservarli”.
È quanto lo stesso Gaetano Agostinelli scrive il 10 maggio 1899 al Sindaco e alla Giunta Municipale al fine di ottenere una ricompensa per il lavoro svolto. Un’istanza, la sua rimasta inascoltata al pari di quella che nello stesso periodo rivolse all’Università dei Muratori. Non, però, dalla Società Operaia, che pur non avendolo tra i suoi soci, decise di elargire un contributo di 10 lire al valente artigiano. E che soccorse anche nel 1904, quando a prenderne le difese nella causa intentatagli da Giordano Nafissi, suo padrone di casa, toccò all’avvocato Nicola Vantaggi.
Tale è la forza dei valori di solidarietà e mutuo soccorso che reggono la Società Operaia e che ne rendono ancora attuale ed urgente la sua missione in seno ad una società drammaticamente complessa come quella improvvisamente toccataci in sorte. Gli stessi valori che i depositari ufficiali della Festa e i suoi esegeti più o meno qualificati ci hanno sempre incoraggiato a credere a fondamento dei Ceri.