E' morto Alan Caiger?Smith, grande ceramista e lustratore inglese a cui Gubbio ha dedicato nel 2008 un'importante mostra nella sala dell'arengo di Palazzo dei Consoli (Omaggio ad Alan Caiger?Smith maestro del lustro. Con opere di nove ceramisti umbri ed un tributo ad Alan Peascod).
In allegato notizie e immagini sul personaggio, soprattutto in relazione ai suoi contatti con Gubbio. A cura di Ettore Sannipoli.

Alan Caiger?Smith e Gubbio.
Il saggio introduttivo di Timothy Wilson esamina magistralmente ed esaurientemente la figura di
questo grande ceramista nato a Buenos Aires nel 1930, il quale, dopo gli studi alla Camberwell
School of Art and Crafts e alla Central School of Art and Design di Londra, nonché al King’s
College di Cambridge, ha fondato nel 1955, assieme a Geoffrey Eastop, la Aldermaston Pottery nel
Berkshire, producendo per lungo tempo maiolica con altri ceramisti (in buona parte suoi assistenti
ed allievi) attivi in questa nota manifattura.
I lavori di Caiger?Smith, presenti in gran numero nei musei inglesi e di altre nazioni europee, oltre
che in raccolte pubbliche americane ed australiane, risultano facilmente riconoscibili sia per le
peculiarità tecniche ? l’autore, come detto, predilige la maiolica a lustro di cui ha elaborato
particolari e raffinatissime versioni ? sia per il dinamico stile ‘orientaleggiante’ contraddistinto da
decise e calibratissime pennellate. Oltre all’attività di ceramista, molto apprezzate risultano le sue
pubblicazioni, specialmente il volume
Lustre Pottery. Technique, tradition and innovation in Islam
and the Western World
(Londra 1985, II ed. 1991), che rappresenta una vera e propria pietra miliare
in materia di lustri metallici.
Era logico, anzi naturale, che Alan Caiger?Smith e Gubbio prima o poi si sarebbero incontrati. La
patria di Mastro Giorgio Andreoli, quella «Agobbio» alla quale si rivolgeva Gabriele d’Annunzio
con i suoi versi raffinati («l’argilla incorruttibile per l’arte / di Mastro Giorgio splende; e in tutto il
mondo / l’alta tua nominanza ne rosseggia»), non poteva che accogliere con ammirazione ed affetto
colui che, ai nostri giorni, più di ogni altro si era applicato nell’alchemico ramo delle cangianze
?

metalliche. Così nel novembre del 2005 Caiger?Smith fu invitato a presentare due relazioni (la
prima intitolata
Introduzione storica alla tecnica del lustro
, la seconda
Ricerca e sperimentazione
nella produzione a lustro
) al Simposio Internazionale
Mastro Giorgio da Gubbio: Arte, Scienza e
Tecnologia delle Maioliche a Lustro
, promosso dal Comune di Gubbio e dall’Istituto per lo Studio
dei Materiali Nanostrutturati del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Approfittando di questo suo
soggiorno eugubino, Caiger?Smith ha avuto modo di attuare un interessante e fattivo scambio di
esperienze con ceramisti del posto, in primo luogo con Giampietro Rampini che lo ha invitato nel
suo studio d’arte ceramica per una sperimentazione comune di tecniche della maiolica a lustro.
Frutto di questo proficuo incontro/confronto è stata la produzione di alcuni piatti che Caiger?Smith
ha decorato e cotto da Rampini, avvalendosi anche di procedimenti peculiari del ceramista
eugubino. Di particolare rilievo risulta il ‘tondino’ che il maestro inglese, con grande liberalità, ha
voluto donare al Comune
ad perpetuam memoriam
della sua visita in Gubbio.
Si tratta di un bel piatto di 26 centimetri di diametro, impreziosito da lustri rossi e dorati ottenuti,
appunto, secondo le ricette congiunte di Caiger?Smith e di Rampini. Nel cavetto esso presenta una
specie di girandola che, per la forma, ricorda un poco la trinacria siciliana; sulla tesa compaiono
invece dinamiche e flessuose pennellate, più libere e asimmetriche di quelle al centro, memori degli
alti esiti calligrafici di tanta arte islamica ed estremo?orientale. Gli ornati si stagliano sul bianco del
fondo avvalendosi di appropriati effetti di ‘vaporizzazione’ a rialzare il tono del lustro lungo i
contorni delle ampie pennellate, e di ‘fumigazione’, per ottenere delle opportune zone d’ombra che
arricchiscono di profondi ‘suoni armonici’ la partitura decorativa. Su tutto predomina la vibrazione
delle cangianze metalliche, resa possibile dalla distribuzione del pigmento in strati di differente
spessore, anche grazie al sapiente uso dei pennelli da calligrafia della tradizione cinese e
giapponese.
Queste peculiarità stilistiche e tecniche si possono riscontrare anche nelle opere che il nostro artista
ha deciso di esporre nella presente occasione, provenienti in buona parte dal suo ultimo forno
(2006) ma pure da precedenti cotture. Infatti in molte di tali ceramiche il lessico ornamentale di
Caiger?Smith rimanda all’Oriente e all’Islam, nel largo e dinamico calligrafismo di pennellate che
formano motivi d’ispirazione fitomorfa, tendenti ad un’astratta semplificazione formale. L’Estremo
Oriente, l’Egitto fatimide e la Persia selgiuchide, accanto al
reflejo metálico
ispano?moresco,
rappresentano alcuni degli archetipi di questo linguaggio, in cui segni e stilemi vengono però
mediati culturalmente da una sensibilità moderna, che tiene conto di tendenze e movimenti otto?
novecenteschi: dagli
Arts and Crafts
al
japonism
dell’
Art Nouveau
, dagli esiti anglo?nipponici di
Bernard Leach all’informale
Zen
di Mark Tobey e di altri artisti del secondo dopoguerra (solo per
stabilire alcuni riferimenti). La mano che traccia questi segni curvilinei e falcati ubbidisce ad un
impulso motorio memore del dinamismo rotazionale proprio della tradizione ceramica, ma anche
simbolicamente rappresentativo di quei viluppi vorticosi che le lingue del fuoco formano durante la
loro azione trasformatrice della materia. Al fiammeggiante manifestarsi del fuoco alludono pure le
rutilanti cangianze dei lustri metallici, che Caiger?Smith riesce a declinare in una ricca varietà di
toni, con degli effetti ‘
vapoured
’ originanti una sorta di ‘solarizzazione’ delle pennellate, ossia un
lucente alone del loro contorno, come a volte si può vedere nei bordi delle nuvole che nascondono il
sole.
Questo inconfondibile campionario di ornati e d’iridescenze si distribuisce sulla superficie di forme
che vanno dalla ciotola al vaso, dal piatto alla coppa, dall’albarello al fiasco: un universo di fogge
nelle quali si avvertono variegati riferimenti alle tradizioni orientali ed europee, ma soprattutto
intenzioni plastiche originali ed autonome.