Ceramiche a lustro di Abbas Akbari, Jonathan Chiswell Jones, John Kuczwal, Arturo Mora Benavent, Graziano Pericoli, Giampietro Rampini. A cura di Ettore A. Sannipoli. Palazzo Della Porta, Via Savelli della Porta, 16 ? Gubbio (PG). 15 settembre ? 14 ottobre 2018. Inaugurazione: sabato 15 settembre, ore 18.00. Nel corso dell’inaugurazione si terrà un breve evento musicale: l’esibizione sarà un viaggio tra suoni di tradizione italiani e persiani, lasciando spazio all'improvvisazione estemporanea ispirata dalla contaminazione di strumenti provenienti da luoghi lontani. Sara Marini: voce e percussioni; Paolo Ceccarelli: chitarra; Abbas Akbari: Soor; Orari d’apertura della mostra: feriali 16.30 / 19.00; prefestivi e festivi 10.20 / 12.30 ? 16.30 / 19.00. Ingresso gratuito. Catalogo edito da Fotolibri, Gubbio. Organizzazione: Associazione “Maggio Eugubino”, con il sostegno di Colacem e con il patrocinio del Comune di Gubbio. Cinque paesi una visione / Five Countries One Vision, Ettore A. Sannipoli. Quella della maiolica, e poi del lustro, è un’avventura iniziata tredici secoli fa, nel cuore del mondo islamico. Dalla Mesopotamia, dall’Egitto, dalla Siria, dalla Persia, le innovative tecniche dello smalto stannifero, delle ‘cangianze’ e delle ‘iridescenze’ metalliche hanno seguito il corso impetuoso dell’espansione araba e, attraverso il Maghreb, sono approdate in Spagna, per giungere poi alla penisola italiana, facendo scalo nelle isole occidentali del Mediterraneo. La città di Gubbio, posta nel cuore verde d’Italia, fu ? assieme a Deruta ? uno dei luoghi di arrivo della tecnica del lustro. Durante il Rinascimento, Mastro Giorgio Andreoli portò a compiuta perfezione i cangianti effetti metallici di origine islamica, ottenendo quel rosso intenso e lucente paragonabile allo smagliante fulgore di un rubino. Dall’Italia e dalla Spagna i lustri si sono diffusi, nella seconda metà dell’Ottocento, prima in Inghilterra e poi nel resto d’Europa, interessando infine ogni parte del mondo. Nuove tecniche sono state elaborate per ricavare ‘cangianze’ sempre più raffinate e variegate, in modo da perfezionare quella sorprendente alchimia che quasi sembrava trasformare l’umile terracotta in un metallo prezioso; ma che permetteva altresì di ottenere tonalità difficilmente riscontrabili nella decorazione ceramica, e di assistere nel contempo al ‘magico’ apparire di colori diversi nello stesso luogo, a seconda dell’incidenza luminosa o del differente punto di vista. Ora Gubbio ha avuto finalmente l’onore di accogliere un’eletta rappresentanza di artisti, provenienti da varie regioni del mondo, che ancora praticano con maestria la raffinatissima tecnica del lustro ad impasto: Abbas Akbari (Kashan, Iran); Arturo Mora Benavent (Manises, Spagna); Giampietro Rampini (Gubbio, Italia); Graziano Pericoli (Gualdo Tadino, Italia); Jonathan Chiswell Jones (Hankham, Regno Unito); John Kuczwal (Wollongong, Australia). Abbas Akbari presenta sette lucenti ciotole della stessa foggia, con due diversi tipi di decorazione. Il primo prevede una campitura di fondo con un lustro in vernice molto intenso: le cromie sono rosso carminio, blu?violaceo (con trapassi in violetto di cobalto), oltremare?dorato, cremisi?magenta?giallo oro, blu?lampone etc. Su tale sfondo si stagliano, in ‘contrasto di qualità’, motivi calligrafici con caratteri persiani lustrati ad impasto dorato meno brillante, talvolta con iscrizioni filiformi e sottili, ottenute graffendo l’oro e facendo riemergere la campitura di fondo. Nel secondo tipo, su un fondo color terracotta, si sviluppano gli stessi motivi calligrafici in lustro ad impasto cangiante dall’oro al rosso. La varietà dei trapassi cromatici è in questo caso affidata interamente alla decorazione calligrafica e non allo sfondo. Le iscrizioni sono ispirate alle Quartine di Omar Khayyan, comprese quelle dedicate al tema del vino, ma in sostanza diventano pseudo?scritture, motivo grafico da vedere più che da leggere. Arturo Mora Benavent esibisce riproduzioni di ceramiche ispano?moresche ed esemplari d’impostazione moderna. La produzione storicistica è esemplificata da un cuenco con pie y cuatro eslabones in estilo de Málaga (fine XIV ? inizi XV sec.), da un jarrón con dos asas della serie de la hoja de hiedra (XV sec.) e da un botijo de engaño della serie de la brionia (XV sec.), tutti tipici della tradizione a lustro manisera. Un cuenco troncoconico scampanato, con minuto e calligrafico decoro ad ataurique (ovvero ad arabesco), rielaborato secondo una stilizzazione contemporanea, funge da esemplare ‘di raccordo’ con la produzione moderna, rappresentata da tre originalissimi vasi globulari, con ornati a frecce in lustro sulla parete esterna, che indirizzano lo sguardo dell’osservatore all’interno del recipiente ? “mira aqui” è il titolo di queste maioliche ? ove, sul fondo, sono ritratte figure ‘che gridano’ o ‘che ascoltano’, mentre sulla circostante parete, interamente campita in lustro, un suono reboante sembra quasi riecheggiare. Anche le ceramiche di Giampietro Rampini presentano nuove proposte e riferimenti alla tradizione. Alcune di esse si possono considerare come un naturale sviluppo delle forme, delle tecniche e dei modelli antichi, con un impegno creativo verso l’innovazione. Così sono i piatti “par enlevage sur fond bleu”, così le coppe con ornati in rilievo, che derivano dalle “coppe abborchiate” cinquecentesche. Accanto a questi esemplari, Rampini ne presenta altri ove la ricerca è rivolta all’approfondimento di tematiche e simbologie care all’autore, rilevanti dal punto di vista spirituale e tese inoltre a gettare ponti tra culture diverse. Le raffigurazioni dell’albero della vita o dell’ammansimento del lupo di Gubbio da parte di San Francesco, mirano infatti a creare collegamenti tra uomo e natura, passato e presente, oriente e occidente: con la forza prorompente dei simboli che Jurgis Baltrušaitis descriveva nel suo Medioevo fantastico, capaci di conciliare antichità ed esotismi nell’arte gotica, ovvero nell’arte ‘moderna’ di allora. Graziano Pericoli ha inscenato nelle sue ciotole un bestiario fantastico, che per certi versi rimanda ai monstra e alle drôleries medievali, per altri riecheggia esiti che da un Rinascimento visionario alla Hieronymus Bosch arrivano fino alle avanguardie storiche, soprattutto al Surrealismo di Max Ernst ed altri. Su campiture in rosso rubino, in oro scintillante o in blu con fitte puntinature dorate tra rutilanti foglie di quercia, si stagliano ingombranti e straniate figure di lupi, cinghiali, lepri, pesci dai tratti caricati e grotteschi, minuziosamente definiti nei loro triti dettagli. Questi esseri inconsueti e inquietanti si aprono a dimensioni diverse, recondite sia nello spazio che nel tempo: dalle profondità dei boschi e degli abissi marini fino ai recessi insondabili del subcosciente, connettendo così naturalia strabilianti da Wunderkammer a icone rappresentative delle paure e dei traumi inespressi dell’uomo moderno. E che si animano grazie alla resa di ogni loro particolare e allo splendore dei lustri metallici. Le opere di Jonathan Chiswell Jones si collocano nella linea evolutiva della ceramica inglese che dal tardo Ottocento vittoriano trascorre agli orientalismi novecenteschi fino alla produzione degli studios pottery più recenti. In esse risultano manifesti riferimenti ai lustri preziosi e a taluni dei soggetti di William De Morgan, di stampo preraffaellita e Arts and Crafts (il pensiero corre a William Morris), con evidenti giapponismi attribuibili all’influsso esercitato sull’autore da una cultura variegata che dal Liberty trascorre fino a Bernard Leach. Vasi ? e brocche ? dalle fogge raffinate, arricchiti da lustri risplendenti e variegati, recano soggetti tratti dal mondo naturale: pesci rossi che nuotano tra piante acquatiche, tordi su rami ricchi di bacche, aironi in canneti e così via. Soggetti simili compaiono anche sulle forme aperte: martin pescatori con pesci, ma anche lepri talvolta con le zampe intrecciate in singolari motivi ‘annodati’, così come ce li potremmo aspettare in un taccuino di Villard de Honnecourt. John Kuczwal ci presenta ciotole dal profilo lobato o contraddistinte da ‘pizzicature’ che ne flettono con ritmo elegante il bordo. I suoi lustri si confrontano con fondi dalle tonalità buie e insondabili. La decorazione risulta eseguita solo con pigmenti di lucentezza metallica. Singolare è l’uso che viene fatto delle ‘iridescenze’: esse costituiscono linee, striature, campiture, puntinature. Definiscono fondi, soggetti, ornati mediante il ricorso a filamenti, ampie pennellate, spruzzi. Di grande fascino risulta la gamma delle tonalità messe in campo: l’oro, il camoscio, il rame, il rosso, il viola, l’azzurro, il verde … Con aloni luminosi che balenano in un’atmosfera che genera un mondo pieno di mistero e d’incanto. I soggetti sono ricavati dal regno animale: uccelli, lupi, lepri, canguri, ma anche esseri fantastici ispirati alle grottesche rinascimentali. Sono immagini che compaiono e scompaiono nell’universo da loro popolato, ove una luce preziosa e dorata di continuo si confronta con il buio profondo delle tenebre.