Stamattina, poco dopo l’alba, il vescovo di Gubbio, mons. Mario Ceccobelli, ha celebrato la santa messa nel Mausoleo dei Quaranta Martiri di Gubbio, a ricordo dell’eccidio del 22 giugno 1944. Ecco il testo integrale della sua omelia.
Carissimi, questa è per me l’ultima celebrazione in questo luogo segnato dal dolore e da rimpianti mai sopiti. Desidero, nel condividere con voi questo momento solenne di memoria, lasciarvi due pensieri.
Il primo mi viene suggerito dalla la Parola di Dio ora proclamata. L’apostolo Paolo ricorda ai cristiani di Corinto cosa accadrà al nostro corpo dopo la morte. Dopo il nostro provvisorio e precario soggiorno terreno, riceveremo un’abitazione da Dio, saremo accolti in una dimora eterna, là dove è già entrato Gesù, che dopo essere sceso anche lui nel regno dei morti è risorto, come annunciarono i due angeli alle donne che erano andate al sepolcro per le unzioni rituali sul suo corpo. La morte non aveva potuto tenere prigioniero quel corpo, perché Gesù non era solo uomo, ma anche Dio. Il regno della morte poteva essere sconfitto soltanto dalla potenza di un Dio, e Gesù è venuto sulla terra per rivelare e dimostrare questa straordinaria verità.
Per colui che è rinato dal fonte battesimale e ha accolto Gesù come maestro la morte non è la fine di tutto, ma l’inizio di una vita nuova, eterna, nel Regno del Padre, dove Gesù ci ha preceduti e dove ci attende per farci condividere la sua vittoria e la sua gloria.
Il secondo pensiero, in questo giorno in cui come ogni anno Gubbio si raccoglie e piange ancora i suoi figli, sacrificati dalla disumana esperienza della guerra, mi è suggerito dal libro scritto da Giacomo Marinelli, che racconta la vicenda di due vittime innocenti dell’eccidio che oggi ricordiamo: Guglielmina e Peter, costretti a crescere orfani con la struggente nostalgia del padre.
Questa storia vera, narrata magistralmente da Giacomo con lo stile del romanzo, può indicare una strada per superare la disperazione e l’angoscia che alberga nei cuori ancora feriti dalla tragedia.
Guglielmina e Peter non sono stati aiutati nel loro amaro sgomento, non ci sono state per loro mediazioni esterne, da soli hanno maturato il desiderio di andare oltre l’irrimediabile pena per l’uccisione dei rispettivi genitori. Hanno percorso il sentiero interiore che raggiunge il cuore e da lì sono partiti per indagare sulla spietata vicenda e rielaborare il dolore. Da questo intimo cammino, certamente faticoso, è nato un desiderio che casualmente ha portato dopo molti anni i due orfani innocenti a desiderare un incontro che Peter così commenta: “Siamo come due bambini persi, diventati vecchi, che si incontrano dopo una lunga vita per riconciliarsi. Pur non avendo commesso niente che meriti una riconciliazione”.
La guerra, tragedia inutile e dolorosa, ha segnato la prima metà del secolo scorso, ma questa pratica funesta non è mai terminata. Ancora oggi nel mondo ci sono guerre che seminano sofferenze disumane e dividono popoli innocenti, la stessa società è percorsa da fermenti di violenza insensata che sembra inarrestabile e sempre più feroce.
Si può sperare nella fine di tutto questo? Ci sarà per le generazioni che verranno un tempo di vera pace e di serena convivenza?
La via della riconciliazione ce l’ha insegnata Gesù e a noi eugubini l’ha ricordata sant’Ubaldo soprattutto con il suo esempio: non rispondere alla violenza con la violenza, perché questo comportamento non fa altro che generare altra violenza all’infinito. L’avevano capito anche gli ebrei, che avevano messo un limite alla vendetta con la legge del taglione. L’hanno capito i Santi e gli uomini di buona volontà, che con le parole e le opere hanno cercato di convertire in bene il male che cova nei cuori.
L’unica via per fermare la violenza è la compassione non solo per le vittime ma anche per i carnefici, è l’amore che diventa perdono.
Cari fratelli, invoco per tutti gli abitanti della nostra diocesi e in modo particolare per coloro che portano ancora sanguinanti le ferite del dramma qui consumatosi nei tempi bui del secondo conflitto mondiale, la mediazione del nostro Patrono, affinché abbiano la volontà e la forza di non rispondere alla violenza con altrettanta violenza e trovino il coraggio di perdonare, lasciando al Signore il compito di giudicare le azioni di ciascuno.