Per alcuni mesi del 1980, tutti i giovedì, accompagnavo mio padre Guido in Ancona per delle cure. Andavo a prenderlo a Perugia e la sera lo riportavo. Un giorno, attraversando la zona di Valfabbrica mi disse: “questi luoghi erano il quartier generale di Nazzareno Guglielmi, il brigante/bandito detto Cinicchia”. Col tempo mi raccontò in proposito diverse storie che aveva sentito da giovane.
Mio padre nacque nel 1906 proprio l'anno in cui Cinicchia morì in Argentina e le sue gesta erano sulla bocca di tutti. Divenne così il più famoso Brigante del centro Italia in quanto mai acciuffato.
Nel 2006, quando ho cessato l'attività, facendo largo ai giovani, ho voluto approfondire i racconti di mio padre ed ho ricercato notizie sul brigantaggio nel nostro comprensorio, recandomi in biblioteche della Provincia, alla nostra Sperelliana, ricercando libri e notizie da Google..
E' stato accertato che nel 1869, su 1833 renitenti alla leva del circondario di Perugia, ben 599 erano di Gubbio. A quel tempo era sindaco Alessandro Domeniconi che si rivolse energicamente al Ministro degli Interni, affinchè ponesse qualche rimedio al fenomeno che favoriva la costituzione di nuove bande di briganti e l'ingrossamento di quelle esistenti.
Ho addirittura interpellato alcuni anziani, come il dr. Ermete Bedini, il sig. Alfio Cappannelli il maestro Mario Rogari il prof. Giancarlo Sollevanti ed altri, i quali mi hanno raccontato diversi episodi di fuorilegge e del più famoso brigante/bandito del nostro territorio, nato a Morena nel 1831: si chiamava Sante − Sante−Granci detto “Zigo”. Questo appellativo divenne famoso ed ancora oggi viene usato per indicare un giovane irascibile, scontroso e violento.
Mi hanno anche detto alcune frasi di brigantelli minori della zona: “Se passi pe' lo Scritto e 'n tan rubbato, Tortora dorme e Zampa 'n s'è svegliato”: “Se a Ripa piantano fagioli, nascono ladri”.
Ho trovato nel libro “Briganti in Terra di Santi” di Giuseppe Pennacchia (nipote di Fra Diavolo), editrice Punto Uno, non tanto la vita quanto le tante malefatte di Zigo e di altri.
Aveva formato una banda numerosa con diversi renitenti alla leva ed operava in un'area vasta del nostro appennino assieme al maceratese Ercole Magrini, detto lo Zingaro.
Ho poi allargato la mia ricerca a fatti e personaggi diversi che hanno lasciato il segno nella storia eugubina e mi sono chiesto chi fossero coloro che raccontavano le loro gesta.
Ho concluso che non potevano essere che i Cantastorie. Ma chi era il Cantastorie?
Era una figura tradizionale della letteratura orale e della cultura folkloristica; un artista di strada che si spostava nelle piazze e raccontava col suo canto, accompagnato da un organetto o chitarra, una storia, sia antica, spesso di nuova rielaborazione, sia riferita a fatti anche contemporanei. Appendeva delle immagini che si riferivano alla storia che in quel momento stava cantando e le indicava con una bacchetta. In tal modo gli avvenimenti ed i personaggi narrati entravano a far parte del bagaglio culturale collettivo di una comunità.
La tradizione deriva da lontani precedenti, quali gli Aedi, i Rapsodi greci, i Giullari, i Menestrelli, i Trovatori o Trovieri del Medioevo francese e dalla scuola poetica siciliana.
Simili figure sono presenti anche in culture mediorientali ed africane.

Quei signori sopra menzionati si ricordano perfettamente quando i Cantastorie venivano a Gubbio: si posizionavano nella piazza del Mercato nei giorni di fiera, specialmente quella del 17 Maggio e di San Giovanni: appendevano i cartelli e raccontavano cantando varie storie a soggetto prevalentemente drammatico, ma anche commedie passionali e simili.
Mi è stato riferito che alcuni avevano un piccolo pappagallo su un posatoio, che al comando estraeva col becco da una scatola, un foglietto. Era l'oroscopo: chiamato “la pianeta”.
Le giovani ragazze ne andavano matte e facevano la fila per averla.
Pertanto il Cantastorie era in definitiva, un divulgatore, talvolta insieme compositore di storie di fatti realmente accaduti quando non esistevano i mezzi di comunicazione cioè i “media”.
Ad un vecchio Cantastorie che ho rintracciato nella zona di Morano di Gualdo Tadino ho chiesto se oggi qualche giovane continuasse la sua tradizione: m'ha detto che non c'è più nessuno ed allora ho chiesto cosa pensasse dei giovani d'oggi. Mi ha risposto con queste precise parole: “Saranno anche bravi, ma comprano l'acqua!”