Per capire veramente il Medioevo occorre guardarlo con gli occhi dei medievali. Ieri pomeriggio l’incontro con lo storico della filosofia Tullio Gregory, al Festival del Medioevo, che ha spigato come la scienza medievale fosse fortemente legata a una visione aristotelica dell’universo.

In questa concezione tutto era strettamente ordinato dalla Provvidenza divina attraverso il movimento delle “sfere” celesti che accerchiavano il mondo, e anche tutto ciò che accadeva sulla Terra era influenzato dal movimento dei cieli come in un gioco di ingranaggi concentrici. Un “mondo chiuso di causalità discendente”; ecco perché in quei secoli ebbe grande fortuna l’astrologia, e tutti, compresi gli uomini di Chiesa, cercavano nelle stelle i segni per capire l’ordine predisposto da Dio sugli eventi terreni.

Grande fatica perciò faranno gli scienziati dell’età moderna − Galileo, Descartes e gli altri − a proporre un nuovo modello cosmologico e una scienza come la conosciamo noi. Gregory ha poi parlato del Diavolo, che nello studio del Medioevo non possiamo considerare un’idea astratta, ma un soggetto storico che mette in moto la storia, intesa come atto di libertà opposto alla necessità del mondo naturale. A partire dalla disobbedienza di Adamo ed Eva, passando per le crisi della Chiesa fino alle guerre con i saraceni, l’uomo medievale vede in azione la volontà di Satana.

Ma anche i Santi − ha spiegato Gregory − non è che fossero tanto buoni, se analizzati coi parametri di oggi; santa Cristina ad esempio, secondo le cronache medioevali, al momento del martirio si vendicò sui suoi persecutori facendo scendere dal Cielo una fiamma che bruciò 1500 pagani, o ancora san Bernardo di Chiaravalle che promuovendo la crociata prospettava che maggior numero di nemici di Cristo un guerriero avesse ucciso, maggiormente si sarebbe conquistato il Paradiso.

A noi oggi queste cose sembrano terribili e in contrasto con i valori del Cristianesimo, ma all’epoca erano perfettamente normali.

Anche lo storico dell’alimentazione Massimo Montanari nel suo intervento ha sottolineato le differenze e le incomprensioni che possono nascere tra noi e i medievali nell’ambito della cucina e del gusto. E non tanto perché oggi noi abbiamo molti prodotti provenienti dall’America che loro non avevano, ma perché c’e una diversa idea filosofica dietro. Noi oggi facciamo una cucina che valorizza il gusto originario di ciascun prodotto alimentare, separandolo bene dagli altri, perché abbiamo la convinzione (nata nel Settecento) che quello che viene dalla natura sia buono e l’intervento umano rischia solo di corromperlo.

Nella cucina medievale invece si riteneva che quello che veniva dalla natura fosse abbastanza buono ma certo l’abilità dell’uomo poteva perfezionarlo, e da questo ne derivava una cucina in cui i sapori venivano mescolati in grande misura, per cui alla fine il piatto non conteneva più i sapori degli ingredienti ma un nuovo gusto creato artificialmente.