La recente “querelle” con la Regione dell'Umbria sul caso Don Matteo fa tornare in mente un editoriale sull'Eugubino di Dicembre 2006 firmato dal nostro presidente Lucio Lupini che riteniamo riproporre:
“……… si prosegue e da belle e moderne strade a 4 corsie con intersezioni di collegamento che ti fanno pensare per un istante di essere al centro di un atomo si esce per affrontare una strada impervia e contorta, panoramicissima, ma la cui unica novità e modernità appare un approssimativo asfalto perché dovrebbe essere in effetti la vecchia mulattiera, mai modificata nel suo itinerario, che si dirige verso le montagne. Infine si arriva in una conca e ti ritrovi in un luogo straordinario che traspira storia e cultura da tutti i pori. Gli abitanti sono gli eredi di una antichissima civiltà di cui restano ancora incredibili vestigia e grandissime tradizioni a tutto oggi presenti e vive con lo stesso spirito e la stessa vitalità di un tempo. Intatte anche le tracce materiali con una parte storica che annovera opere di grandissimo pregio e di grande valore ed espressione. Purtroppo la zona, addossata alle montagne, è rimasta nel tempo molto isolata; di recente è stato fatto invero un collegamento esterno all’abitato ma si tratta di una strada “già attempata”, a solo due corsie, ma forse così realizzata per non intaccare il panorama di vetustà. Quando gli abitanti celebrano i loro antichissimi riti accorrono molte persone anche da lontano e pure le autorità politiche provinciali, regionali e nazionali arrivano per una immersione, per un bagno nel passato ed esprimono tutto il loro apprezzamento per un popolo che sa conservare un patrimonio identitario così grande. Partecipano essi stessi ai riti e presi e contaminati dall’atmosfera alzano e muovono ritmicamente le braccia, saltano, gesticolano ed urlano come gli indigeni. Memori di questo qualche volta inviano anche qualche elargizione in denaro nel timore forse che queste giornate di immersione, queste cose da vantare, possano un giorno finire o peggio nel timore che gli indigeni non provvedano come al solito ai tributi fideistici di voti nelle occasioni elettorali. I locali invero sembrano nuotare nella loro fierezza di eredi di antica civiltà e sembrano molto ripiegati sul loro passato su cui indagano spesso e di cui scrutano, forse anche troppo, le pieghe più recondite ed impalpabili arrivando, ritualizzando tutto e tutto rendendo tradizione, ad immaginare e purtroppo talvolta anche ad organizzare forme celebrative strane come le alzate dei pennoni e ricorrenze e centenari, ma anche anniversari , improbabili. L’organizzazione a tribù, moltissime e tutte indipendenti, non consente poi loro di avere autorevolezza, influenza e potere negli organismi superiori e ci si cimenta piuttosto in rivalità interne e tuttalpiù in campanilismi con territori vicini. Tortuosamente e faticosamente, così come si era entrati, si esce infine da questa conca con addosso la meravigliosa sensazione di aver attraversato un territorio magico ma anche con una struggente inquietudine perché forse, anzi certamente, quella magia potrebbe permanere anche con un territorio meno isolato ed isolante.”
Dal diario di viaggio in una riserva Sioux del Dakota o…………. “